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Paternò: grande successo per la presentazione del libro “Cara scuola ti scrivo” del professore Marco Pappalardo, presso il salone della parrocchia San Giovanni Bosco

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In occasione dei festeggiamenti di San Giovanni Bosco, presso l’omonima parrocchia di Paternò, è stato presentato il libro “Cara scuola ti scrivo… L’attualità di Lettera a una professoressa” del professore Marco Pappalardo, Salesiano Cooperatore, docente di Lettere presso l’I.S. Majorana-Arcoleo di Caltagirone e Direttore dell’Ufficio per la Pastorale Scolastica della diocesi di Catania. Alla presentazione del libro era presente l’autore, Marco Pappalardo. L’evento è stato presentato dal professore Carmelo Santangelo.

Dopo più di cinquant’anni dalla pubblicazione di “Lettera a una professoressa”, il fortunato libro scritto dagli alunni di don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana, è stata data risposta a quegli studenti che, proprio nell’ultimo capitolo, scrivono le parole: “ora siamo qui a aspettare una risposta”.

La risposta è arrivata, a distanza di tempo, con il volume del professore Marco Pappalardo che ci spiega come è nata l’idea di scrivere questo libro: «L’occasione in particolare è il centenario della nascita di don Lorenzo Milani, che avverrà il 27 maggio 2023. È quindi un anniversario che merita di essere ricordato. Questo libro è stato scritto insieme ai miei alunni, una classe di quinto anno, con i quali avevamo letto, lo scorso anno scolastico, “lettera ad una professoressa”. Questi ragazzi mi chiedevano quando avrei scritto un libro su di loro, la mia risposta è stata che avrei scritto un libro non su di loro, ma con loro. All’inizio non mi hanno creduto, adesso invece lo abbiamo realizzato. Un altro motivo per cui ho scritto questo libro è stato di dover dare risposta agli studenti di Barbiana. Gli studenti, proprio in “lettera ad una professoressa”, hanno scritto l’indirizzo di Barbiana per chiedere ad un insegnante di rispondere loro. Certo, sono passati molti anni, però credo che bisogna sempre dare risposta agli studenti, e così è nato questo libro e sono nate queste risposte».

Proprio come ci dice l’autore, lui è di un’altra generazione, di un altro tipo di scuola, ma il dibattito sulla scuola del merito e sulla scuola che non lasci indietro nessuno rimane ancora attuale. «Naturalmente la scuola di Barbiana è un’altra scuola rispetto a quella di oggi, ma era già diversa rispetto a quelle del tempo. Grazie a quel tipo di esperienza oggi la nostra scuola è certamente una scuola migliore, più inclusiva, che non lascia indietro. Non è forse ancora quell’ospedale, come diceva don Milani, che cura i malati, e forse ancora in parte si cura di chi va bene. Dobbiamo fare ancora strada, è cambiato il contesto in cui si studia, si impara e si insegna, però gli educatori e gli insegnanti dobbiamo essere capaci di dare risposte nel nostro tempo e quindi di adeguare ciò che abbiamo studiato, ciò che conosciamo e che dobbiamo continuare a studiare, proprio a questa generazione, alle nuove generazioni. È questa la vera scommessa, quella di essere al passo coi tempi, il che non significa cambiare i contenuti delle discipline, ma provare a rispondere a quelle che sono le nuove domande, e per fare questo bisogna mettersi molto in ascolto».

Proprio sulla tematica della scuola il professore Pappalardo aggiunge: «Il contesto della scuola purtroppo spesso è grigio, un po’ scuro. Scrive Alessandro D’Avenia in “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, che le scuole hanno il colore del cucciolone, del gelato, con dei colori strani che non esistono neanche in natura, con quel marroncino, quel bianco, quell’azzurrino ospedale, e allora noi dobbiamo imparare a colorare la scuola, sia fisicamente, perché i luoghi parlano, e ci dicono tanto anche attraverso le immagini, un po’ come quando si colora una stanza di un figlio, di un bambino, mentre da grandi i ragazzi decorano i propri ambienti, e poi dobbiamo riempirla di quei contenuti che possono rispondere alle esigenze del loro cuore. Ciò che noi proviamo a condividere con loro non è solo un sapere fine a se stesso, ma dovrebbe essere il sapere che è il gusto delle cose, così come l’origine del termine in latino, e da cui viene anche il sapore, il sale. Dare cioè gusto alle cose, la sapienza. Ed è così che allora possiamo avere una prospettiva diversa. Quindi i ragazzi conosceranno, impareranno che quella cosa ha un gusto, ne vale la pena, e allora – conclude l’autore – saranno loro a chiedercela, e ci dobbiamo credere».