Unict: dalla carriera dei giovani ricercatori alla parità di genere nel mondo accademico, i “consigli” di Petra Rudolf
La presidente della European Physical Society è intervenuta al “Colloquium” organizzato dalla Scuola Superiore di Catania
«La percentuale dei dottori di ricerca che riescono ad accedere nel mondo accademico è ancora basso, ma in lieve crescita negli ultimi anni grazie all’incremento dei posti nelle università europee frutto anche dell’aumento degli studenti». Con queste parole Petra Rudolf, presidente della European Physical Society e docente di Fisica sperimentale dello stato solido all’Università di Groninga in Olanda, ha inaugurato i “Colloquia” del 2021 della Scuola Superiore di Catania, i seminari interdisciplinari con scienziati e personalità di alto profilo aperti all’ateneo e al territorio.
L’incontro di ieri, “a distanza”, dal titolo “A PhD is not enough…How to prepare for a career in academia”, è stato aperto dalla prof.ssa Maria Rosaria Maugeri, presidente della Scuola Superiore di Catania, e dal rettore Francesco Priolo con la prof.ssa Maria Grazia Grimaldi, direttrice del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania.
«La prof.ssa Rudolf è una vera europea, è nata a Monaco di Baviera, ha studiato Fisica all’Università di Roma “La Sapienza”, dove si è specializzata in Fisica dello stato solido, ha proseguito gli studi in Belgio e adesso insegna in Olanda – ha spiegato il rettore Francesco Priolo -. L’incontro è un’occasione importante di crescita e di formazione, sempre più multidisciplinare, per gli allievi della “Scuola”, luogo sempre più aperto alla contaminazione dei saperi». «Per la prof.ssa Rudolf si tratta di un gradito “ritorno” a casa visto che in passato ha collaborato alla tesi di laurea di un nostro ex allievo» ha aggiunto la prof.ssa Maria Rosaria Maugeri.
Nel corso dell’incontro la prof.ssa Petra Rudolf ha evidenziato le tappe che un giovane ricercatore deve raggiungere nel periodo post-dottorato tra produzione scientifica, attività didattica e ricerca per entrare a far parte nel mondo accademico.
«In Olanda il 28% dei dottori di ricerca rimane nell’ambito universitario, il 70% lavora in altri enti e il 2% è senza lavoro» ha spiegato la docente. Dati leggermente migliori rispetto a quelli registrati dall’ultima indagine Istat: in Italia solo il 24,1% dei dottori di ricerca lavora nelle università italiane e il 30% nel campo dell’istruzione o enti di ricerca.
«Oltre al dottorato di ricerca, i giovani ricercatori, per entrare a far parte del mondo accademico, devono svolgere esperienze in diversi ambiti della ricerca, anche in differenti istituti di ricerca, devono creare una rete di collaborazioni, pubblicare articoli scientifici, partecipare alle competizioni (Famelab, contest), ai premi e ai bandi per ottenere finanziamenti per la propria ricerca» ha aggiunto la prof.ssa Rudolf, attualmente membro dell’Accademia Tedesca di Scienza e Ingegneria, della Società Italiana di Fisica, dell’Istituto di Fisica, della Dutch Physical Society e dell’American Physical Society. E, inoltre, ha aggiunto che «oggi è indispensabile la interdisciplinarietà dei ricercatori, i quali devono possedere competenze e esperienze aggiuntive, anche in altre discipline, ed essere sempre più produttivi».
Altro punto fondamentale su cui si è soffermata la prof.ssa Rudolf è la parità di genere. «Vi è un lieve incremento della presenza femminile nel mondo accademico europeo, purtroppo si continuano a pagare questioni sociali e pregiudizi che “rallentano” la carriera universitaria delle donne in termini di accesso e anche sul piano economico visto che gli stipendi sono inferiori rispetto a quelli dei colleghi – ha spiegato -. Purtroppo non si valuta appieno il potenziale della donna che viene penalizzata nelle fasi orali del reclutamento nonostante il fatto che nelle prove scritte ottenga punteggi più alti rispetto ai colleghi. Non a caso si sta lavorando per rendere quanto più anonime le candidature».
Dati che vengono confermati anche dal Consiglio Universitario Nazionale del Ministero dell’Università e della ricerca che nei giorni scorsi ha presentato un report sull’analisi delle questioni di genere nel mondo universitario italiano che testimonia la quasi staticità del fenomeno dal 2008 al 2018. L’analisi dimostra che, nel mondo universitario italiano, il processo di miglioramento degli squilibri di genere, seppur visibile, è ancora lento e le donne subiscono forti discriminazioni rispetto agli uomini rispecchiando purtroppo le disuguaglianze della società in cui opera. Nel report si legge che «l’Università debba adottare strategie per accelerare il processo di parità di genere al suo interno e svolgere il ruolo di presidio culturale, promuovendo politiche innovative per risolvere la disparità di genere nella società» e che «soluzioni mirate potranno giovare al sistema universitario stesso e avere ripercussioni positive sull’intero tessuto culturale, sociale ed economico nazionale».