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Misterbianco: messaggio dell’Arcivescovo alla comunità della Chiesa Madre in riferimento ad alcuni spostamenti di sacerdoti decisi nelle ultime settimane

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Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia della Chiesa Madre di Misterbianco,

da Lisbona, dove mi trovo con un gruppo di giovani della nostra Arcidiocesi per la Giornata Mondiale della Gioventù, rispondo alla vostra lettera inaspettata e accorata.
Inaspettata, perché alcuni giorni fa padre Giovanni e padre Andrea mi avevano scritto rassicurandomi che prendevano le distanze dalla vostra manifestazione di sentimenti di tristezza, che possono turbare il buon andamento del cammino ecclesiale. Ma poiché voi mi chiedete una parola paterna di conforto e non di tornare su una scelta, quella di
nominare don Andrea Amministratore parrocchiale di Maniace (decisione presa dopo mesi di riflessione, preghiera, discernimento), eccomi a voi con questa breve lettera.
Anzitutto grazie per i sentimenti di stima e di affetto che avete verso i vostri presbiteri: avete apprezzato la piena collaborazione di padre Giovanni e padre Andrea, la capacità del più giovane di affiancarsi a chi è più avanti negli anni con rispetto e carità presbiterale. Ora questo affetto si trasformi in responsabilità, animata da un grande spirito di amore alla Chiesa. Amore alla Chiesa significa considerare che la vostra parrocchia non è l’unica della nostra Arcidiocesi, che ci sono bisogni che sono quelli di porzioni del popolo di Dio che, come voi, ha bisogno di chi spezzi il Pane della Parola e dell’Eucarestia. Mi raccomando, non usate mai la parola “problema” quando si trattano bisogni di una parrocchia “sorella”, o di una Chiesa anche lontana: si tratta di necessità a cui, come famiglia di Dio, si risponde con grande carità. E le
risposte deve darle soprattutto l’Arcivescovo, con uno sguardo d’insieme. Vivete il senso di famiglia che ben si addice anche alla Chiesa, quello di “lasciar partire”: quando un figlio cresce, non lo si deve tenere per sé, in modo egoistico, ma lo
si deve lasciar partire; quanto più questo vale per un presbitero, che viene ordinato tale per la Chiesa diocesana e per il mondo, non solo per le persone che ha conosciuto nei primi anni di ministero. Se penso alla mia storia: il mio paese d’origine, Minervino, la parrocchia dove sono stato due anni ad Andria, il Seminario di Andria, quello di Molfetta, la Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, poi Catania. Noi sacerdoti dobbiamo vivere nell’ottica degli apostoli e il popolo di Dio nell’ottica di chi è contento che i suoi preti vivano questa libertà interiore che dice amore a Cristo e alla Chiesa.
Ed infine: è il tempo della responsabilità. Nella preghiera anzitutto: le vostre settecento firme si trasformino in settecento ed oltre preghiere quotidiane al Signore perché mandi operai nella sua messe. Perché padre Giovanni, padre Andrea, sono stati
chiamati da Dio perché qualcuno tanti anni fa, ha pregato così. Pregate il Padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe. Al tempo della preghiera uniamo quello della responsabilità, nella collaborazione e nel rispetto dell’età di padre Giovanni, che sarà aiutato, anche se non in una maniera stabile come è accaduto con don Andrea, nel tempo del suo ministero di parroco.
È il tempo della gratitudine, dell’essere Chiesa, di “lasciar partire in missione, di pregare e aiutare la propria famiglia parrocchiale.”
Vi abbraccio e vi benedico,

Luigi Renna
Arcivescovo di Catania