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Catania: operazione “Follow the Money”. Sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro

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Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate da questa Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania, con la collaborazione e il supporto dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), hanno ricostruito gli investimenti degli illeciti proventi del boss storico del clan Scalisi – locale articolazione su Adrano della famiglia mafiosa Laudani – Giuseppe Scarvaglieri, soggetto apicale del sodalizio attualmente sottoposto al regime detentivo dell’articolo 41-bis o.p., in attività imprenditoriali gestite dal nipote, Salvatore Calcagno, nonché da Antonio Siverino e dal figlio Francesco. Questi, a loro volta, utilizzavano diversi prestanome per la costituzione di numerose società.
Il GIP ha condiviso la configurabilità del concorso esterno a carico dei Siverino, padre e figlio, ed emesso ordinanze cautelari personali e reali nei confronti di 26 persone indagate, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori al fine di eludere la normativa antimafia.
Nel dettaglio, sono state seguite dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 indagati e il sequestro preventivo nei confronti di tutti i 26 indagati delle quote societarie e dei compendi aziendali di 17 società aventi sede in Sicilia, Lombardia e Veneto, di 48 beni immobili tra terreni e appartamenti situati tra Catania e Messina, oltre che di conti correnti e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 50 milioni di euro. Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari e reali, la Guardia di finanza di Catania ha proceduto anche alla notifica dell’avviso 415 bis c.p.p. nei confronti di tutti i 26 indagati per i reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno nella medesima associazione ed intestazione fittizia di beni finalizzata ad agevolare il clan Laudani, a loro rispettivamente ascritti. Inoltre, nel corso delle attività di perquisizione domiciliare nei confronti degli arrestati sono stati rivenuti e sottoposti a sequestro oltre 1 milione di euro in contanti, orologi, preziosi e auto di lusso, tra cui una Ferrari modello F458 del valore di 200 mila euro, due Porsche e un’Audi Q8.
La complessa attività d’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, ha riguardato soggetti appartenenti o contigui al clan Scalisi di Adrano – costituente articolazione territoriale del clan Laudani – e ha permesso di accertare la forte capacità del gruppo mafioso di inserirsi nel tessuto economico-sociale e di infiltrarsi in strutture produttive attive sull’intero territorio nazionale e con sede nel Nord-Est, dalle quali traeva poi finanziamento.
In particolare, l’indagine ha evidenziato come Scarvaglieri, anche dal carcere, abbia continuato a rappresentare il punto di riferimento dell’associazione criminale, dirigendo – anche nel corso dei “colloqui” presso l’istituto di reclusione – l’attività del clan e ciò grazie soprattutto al nipote, Salvatore Calcagno, al quale è stato riconosciuto un ruolo di assoluto rilievo nell’ambito del sodalizio quale portavoce dello zio sul territorio e supervisore degli investimenti dello stesso Scarvaglieri.
Le investigazioni, condotte dalle unità specializzate del GICO del Nucleo PEF di Catania, hanno poi posto in luce il “concorso esterno” nell’associazione mafiosa di due imprenditori catanesi, Antonio Siverino (noto come “U Miliardario”) e il figlio Francesco, i quali hanno sistematicamente operato a favore del predetto Scarvaglieri, riuscendo in questo modo:

  • da un lato, a “occultarne” il relativo patrimonio, grazie a plurime intestazioni fittizie di beni e società illecitamente acquisiti, nel tempo, dallo stesso Scarvaglieri;
  • dall’altro, a incrementare in maniera costante e considerevole le loro disponibilità economiche e finanziarie, potendo contare sugli ingenti e illeciti apporti di capitale derivanti dalle attività della consorteria criminale e sulla protezione offerta loro dallo stesso clan. Al riguardo, si evidenzia che i predetti Siverino – imprenditori inizialmente operanti nel settore della logistica e dei trasporti, essenzialmente nella zona di Adrano – potendo contare sulla copertura anche finanziaria fornita dall’associazione mafiosa oggetto di indagine, hanno progressivamente esteso sull’intero territorio nazionale le loro illecite attività imprenditoriali, gradualmente diversificandole e rilevando anche società operanti nel settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi in Veneto e Lombardia. È emersa altresì la figura di Antonino Calcagno (alias “Ballala”), quale importante riferimento dell’associazione criminale nel territorio di Adrano, Paternò e Biancavilla, attivo in particolar modo nel settore dei trasporti. In esito alla complessa e articolata attività di indagine del Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania e dello SCICO, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, su proposta di questo Ufficio, ha quindi disposto misure cautelari personali e reali nei confronti degli appartenenti all’associazione mafiosa.

Nel dettaglio, è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di:

  • Antonino Calcagno e Salvatore Calcagno, per aver preso parte all’associazione di tipo mafioso denominata clan SCALISI: ai predetti Calcagnoè stata, tra l’altro, contestata l’aggravante di aver contribuito a finanziare, grazie alle illecite attività poste in essere, l’associazione mafiosa;
  • Antonino Siverino e Francesco Siverino, per concorso esterno in associazione mafiosa, avendo agevolato, sotto il profilo finanziario ed economico, il clan Scalisi di Adrano, articolazione territoriale del clan Laudani. Agli stessi Siverino sono stati inoltre contestati 17 episodi di trasferimento fraudolento di valori, poiché hanno fittiziamente attribuito la titolarità di altrettante imprese a svariati prestanome, con la duplice finalità di eludere la normativa antimafia e di favorire il clan Scalisi;
  • Giuseppe Scarvaglieri, per il delitto di trasferimento fraudolento di valori riferito alle sopra menzionate società, con l’aggravante di aver così agevolato gli interessi dell’associazione mafiosa.

È stato inoltre sottoposto a sequestro il rilevante patrimonio del clan Scalisi – per un valore allo stato stimato in circa 50 milioni di euro – costituito da:

  • quote societarie e relativi compendi aziendali di 17 società aventi sede in Sicilia (province di Catania e Enna), Lombardia (Varese e Mantova) e Veneto (Verona), attive nel settore della logistica e della commercializzazione del carburante;
  • 48 immobili, di cui 15 fabbricati e 33 appezzamenti di terreni, tutti situati tra la provincia di Catania e Messina