Covid: un anno dal lockdown

Reading Time: 3 minutes

È passato già più di un anno dall’arrivo del Covid-19 in Italia. Come oggi, 9 marzo, l’ex presidente del consiglio, Giuseppe Conte, annunciava all’intera nazione il lockdown.

Proprio un anno fa l’Italia piombava in uno dei momenti più difficili dal secondo dopoguerra.

Era la sera del 9 marzo quando il primo ministro Giuseppe Conte annunciava agli italiani che il Paese si sarebbe fermato, che si doveva chiudere tutto, tranne i servizi essenziali. Abbiamo cominciato ad utilizzare un termine straniero, il lockdown, parola che da allora abbiamo sentito centinaia di volte.

Solo il 18 maggio finirà quel periodo di chiusura, di blocco totale. Il 9 marzo ed il 18 maggio, sono due date che sicuramente ritroveremo nei nostri libri di storia perché hanno segnato un periodo veramente difficile della nostra esistenza.

Le misure dettate dal Governo, i famosi DPCM, ci hanno imposto diverse restrizioni, come l’obbligo di restare a casa e la chiusura di molte attività produttive.

Di certo l’immagine che ci viene in mente di quelle settimane è quella dei camion militari che trasportano le bare di tutti quei caduti per mano del covid. Sì, dico caduti, perché, lo abbiamo detto più volte in questi lunghi mesi, abbiamo combattuto contro un nemico insidioso, un nemico invisibile e mortale che non ci ha lasciato tempo e spazio per respirare.

Le nostre città si sono svuotate; d’un tratto il silenzio. Niente bambini a giocare per strada, niente frastuono di auto, niente schiamazzi agli incroci, niente chiacchiericci di persone al telefono… tutto si è fermato. Non abbiamo accolto ed abbracciato come si deve quella calda primavera che ogni anno attendiamo con trepidazione.

In quell’assordante silenzio si sentivano solo le ambulanze e, a tratti, il telegiornale dei vicini, ansiosi di sapere gli ultimi aggiornamenti.

Solo la fauna e la nostra atmosfera hanno tratto beneficio da questo periodo… animali che trafficavano per le strade, aria più pulita…

Dal canto nostro abbiamo riscoperto l’amore per la cucina, le nostre doti artistiche, le nostre doti canore sui balconi. Alzi la mano chi non si è messo alla prova ai fornelli per preparare un dolce o la tanto amata pizza… Chi non si è distratto facendo qualche corso online? Chi non ha preso carta e matita e ha cominciato a disegnare? Abbiamo avuto così tanto tempo in casa… le nostre uniche passeggiate erano per portare a spasso il cane fuori.

Ci facevamo coraggio a vicenda con dei cartelloni con scritto “andrà tutto bene”.

Abbiamo riscoperto il nostro amore verso il prossimo ed il nostro senso civico. Tanti i volontari che si sono prodigati a consegnare la spesa alle persone più anziane o a quelle che non potevano uscire.

Abbiamo scoperto che la tecnologia, se usata bene, può portare benefici. Quante videochiamate a parenti ed amici per sentirci meno soli? Dimentichiamo la didattica a distanza o lo smartworking? Abbiamo iniziato a festeggiare compleanni da remoto, e anche le lauree.

Ma mentre eravamo intenti a scoprire queste nuove doti, c’era chi soffriva a casa in solitudine, o chi in un letto d’ospedale. C’era chi non poteva uscire dal reparto dell’ospedale perché intento ad accudire e prendersi cura dei tanti malati. Medici, infermieri e volontari hanno trascorso tantissime ore al lavoro per cercare di attenuare la sofferenza dei malati e a consolarli.  

Mi dispiace rammentare e scrivere questi tristi ricordi, ma è necessario, ora più di allora, ricordare ciò che abbiamo passato. Sì, perchè l’Italia, così come il resto del mondo, si ritrova ancora a combattere, a lottare per evitare tutto quel dolore che abbiamo già vissuto. Viviamo ogni giorno con l’incertezza del domani, con i vari DPCM che scandiscono il ticchettio dei nostri orologi. Viviamo con il timore di svegliarci la mattina e ritrovarci in zona rossa… 

Il rischio di un nuovo lockdown, anzi, di una nuova “chiusura” o “misura di contenimento” per utilizzare un termine nella nostra lingua, è più concreto che mai, complice l’estrema velocità di diffusione delle varianti.

Sappiamo già che non potremo vivere una Pasqua totalmente allegra, così come non abbiamo vissuto un Natale totalmente sereno. La guerra contro il covid non è ancora finita. È vero che adesso abbiamo un’arma in più, il vaccino, ma non ci immoliamo stupidamente, non sacrifichiamo inutilmente le nostre vite e quelle dei nostri cari, manteniamoci ancora cauti, manteniamo le distanze di sicurezza, cerchiamo di far abbassare i contagi, cerchiamo di essere più responsabili.

Rispetto all’anno scorso siamo più vicini di un anno al momento del nostro grande e caloroso abbraccio, non disperiamo.