CataniaNews

Il settore agroalimentare fondamentale per lo sviluppo socio-economico del Calatino

Reading Time: 3 minutes

Le proposte sulla formazione, finanziamenti e opportunità del settore agricolo sono state al centro del webinar organizzato dall’Università di Catania, Confcommercio Catania, Confcooperative Sicilia e Osservatorio Calatino

Un valore alla produzione pari a 535 milioni di euro nel 2019 di cui 65 milioni provenienti dal food e ben 470 milioni dai vini. È il fatturato complessivo dei 65 consorzi siciliani DOP IGP del settore agroalimentare e vitivinicolo che emerge dal Rapporto Ismea – Qualivita 2020. Un’indagine annuale che analizza i valori economici e produttivi della qualità delle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP, IGP e STG e che attesta la solidità e la forza di un sistema capace di promuovere lo sviluppo nell’intero territorio italiano. Dal dato siciliano emerge, inoltre, una notevole crescita del settore food nel 2019 (+21,8% rispetto all’anno precedente).<br>Un quadro su cui il prof. Iuri Peri del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania si è soffermato ieri nel corso del webinar dal titolo “Scommettiamo sull’agricoltura – Quale formazione? Quali colture? Quali opportunità?”, organizzato dal Centro Orientamento, Formazione e Placement dell’Università di Catania, da Confcommercio Catania, da Confcooperative Sicilia e dall’Osservatorio Calatino.
Un incontro promosso nell’ambito dell’Accordo di rete inter-istituzionale fra l’ateneo catanese, i comuni di Caltagirone, Grammichele, Militello in Val di Catania, Mirabella Imbaccari, San Cono, San Michele di Ganzaria, Niscemi e Palagonia e l’Osservatorio Calatino di Caltagirone finalizzato alla realizzazione di iniziative mirate alla promozione e alla valorizzazione del territorio.
«L’Università di Catania è impegnata, nell’ambito dell’accordo, a trasferire conoscenze e competenze nel territorio Calatino in cui l’agroalimentare rappresenta la principale fonte di reddito e occupazione per la popolazione locale – ha spiegato il direttore generale dell’ateneo Giovanni La Via -. Dobbiamo migliorare la formazione degli operatori del settore per ampliare le conoscenze in continua evoluzione grazie all’innovazione. Ancora oggi, purtroppo, si punta solo al frutto delle piante e non all’utilizzo degli scarti che ormai rappresentano autentiche miniere per produrre altri prodotti come ad esempio le biomasse per l’energia».
E sui finanziamenti il prof. La Via ha spiegato che «negli ultimi 30 anni, nonostante le numerose opportunità e disponibilità con i fondi europei FESR o agevolazioni per l’imprenditoria giovanile e femminile e credito d’imposta, non sono stati ben investiti». «Dobbiamo cambiare strategie e l’Università di Catania ha il compito di far crescere le imprese del Calatino, creare occupazione nel territorio e frenare così la fuga dalla Sicilia dei propri giovani» ha aggiunto.
«Una sfida che richiede la sinergia di tutte le parti coinvolte per sviluppare il territorio» ha spiegato il presidente del Cof&P d’Ateneo Nunzio Crimi. «Dobbiamo valorizzare il territorio e sviluppare maggiormente la rete agroalimentare del Calatino anche con i fondi europei» ha aggiunto il prof. Crimi alla presenza del direttore del Cof&P Carmelo Pappalardo e del sindaco di San Cono Salvatore Barbera.
«Un sistema agroalimentare in cui la qualità assume sempre più una crescente importanza per le imprese alla continua ricerca di prodotti che soddisfino l’evoluzione del mercato, per i consumatori che manifestano richieste diversificate ed esigenti e per l’operatore pubblico impegnato a ridurre i comportamenti scorretti – ha spiegato il prof. Iuri Peri -. Il prodotto tipico intrattiene con il suo territorio di origine un legame privilegiato che si traduce nell’impiego di risorse locali, fisiche e antropiche, che condizionano gli attributi qualitativi del prodotto tipico. La valorizzazione del prodotto tipico incide sul prezzo di mercato dello stesso per la sua qualità e e genuinità e sulle attività indirette come il turismo, con il consumatore attratto dall’identità culturale dei prodotti e dei territori. Le DOP e IGP rappresentano per le imprese uno strumento di differenziazione qualitativa per sfuggire alla concorrenza».
E proprio l’Italia, con i suoi 838 prodotti, è il Paese con il maggior numero di filiere DOP, IGP STG al mondo, un primato che la vede davanti alla Francia (692) e alla Spagna (342). Dal Rapporto Ismea emerge che il settore è di primaria importanza e in crescita: 16,9 miliardi di euro di valore alla produzione (+4,2% in un anno), un contributo del 19% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano e un export da 9,5 miliardi di euro (+5,1% in un anno) che corrisponde al 21% delle esportazioni nazionali di settore, grazie al lavoro di oltre 180mila operatori.
A seguire sono intervenuti Alfio Caruso dell’Osservatorio Calatino sulla formazione agraria nello sviluppo del territorio, Lorenzo Cunsolo di Confcooperative Sicilia sulle opportunità in agricoltura con le proposte a favore di imprese e giovani e Alfio Pappalardo di Confcommercio Catania su colture e strumenti finanziari per le imprese e per i giovani.