Catania: omelia per il funerale di Elena del Pozzo
Dal Vangelo secondo Marco
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Carissimi fratelli e sorelle,
oggi a pochi metri dal luogo dove sono custodite le reliquie di Agata, la nostra giovane Santa Martire, la pietà del papà e dei nonni ha voluto che fosse portata la salma della loro piccola Elena per la celebrazione dei funerali: la martire e la fanciulla, due giovani donne vittime, la prima dell’odio alla fede cristiana, circa 2000 anni fa, e l’altra di una violenza che non osiamo qualificare, perché frutto di tutto ciò che può oscurare il cuore umano, persino il cuore delle persone più care. Cosa ci separa da queste due persone di cui abbiamo solo una salma composta? La morte e il dolore, su cui è risuonata la Parola di Dio: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, il pericolo, la spada?” (Rm 8,35).L’amore di Cristo è la nostra unica speranza, quell’amore che ha il potere e la forza di unire ciò che è stato separato, di portare amore dove ha vinto l’odio, di donare la vita e la risurrezione dove c’è morte. È un amore che viene da Dio, il Dio di Gesù Cristo che non ha risparmiato il proprio Figlio ed ha insegnato all’umanità che si salva donando, sacrificando sé stessi e non gli altri. Io prego che questa piccola martire innocente di nome Elena da oggi consoli i suoi cari e tutti quei bambini che sono feriti più di ogni altro dai sentimenti che inquinano l’umanità.
Abbiamo ascoltato, nel Vangelo secondo Marco: davanti ai discepoli che discutevano tra loro su chi fosse il più grande, Gesù prese un bambino e lo mette al centro, lo abbraccia e dice che quel piccolo è il metro dell’accoglienza e dell’amore per Lui! A coloro che seguivano le logiche da “grandi”, il Signore contrappone chi non ha altro che la semplicità, la fiducia, quasi il “consegnarsi” proprio dei piccoli.
Noi adulti, quando non mettiamo al centro i bambini, perdiamo il metro per giudicare ciò che è davvero importante, come i cristiani e come esseri umani: ed ecco bambini contesi, barattati nella loro dignità e nei loro diritti, resi ostaggio dalla nostra incapacità di amare. Basta con queste violenze! Elena è morta, ma tanti bambini sono feriti nella loro voglia di vivere, segnati nell’anima da chi dimentica che i figli sono “pezzi di cuore”, come si dice popolarmente. Vorrei accostare al brano del Vangelo le parole di un pedagogista polacco, Janusz Korczak, morto nel campo di concentramento di Treblinka con i bambini orfani che aveva raccolto nel ghetto di Varsavia. Così scrive in una sua opera: “Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, farsi piccoli. Ora avete torto: non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulle punte dei piedi. Per non ferirli.” Ferire un bambino è la cosa più terribile che possa cadere ad una mamma, ad un papà, ad un adulto.
Cari adulti, tenete fuori i bambini dai vostri conflitti. Ci sono altre strade da percorrere, molto più sicure per la gioia di tutti, per vedere ritornare il sorriso sul volto dei piccoli: il dialogo, il perdono, l’umiltà di chi vuol riparare, saper uscire in punta di piedi dalla vita dell’altro, con rispetto e con la mitezza che è una beatitudine, proclamata tale da Gesù.
Piccola Elena, veglia su di noi adulti, perché nessuno ferisca più alcun bambino, perché non dimentichiamo che il dono più bello che riceviamo da Dio, è quello dei piccoli: “Ecco, dono del Signore sono i figli, sua grazia il frutto del grembo,” dice il Salmo 127.
Un’ultima parola a tutti noi che, come giudici siamo pronti a lapidare sempre qualcuno che ha sbagliato. Ho letto su un muro della nostra città, nei pressi della Chiesa del Divino Amore, una frase che chiedeva riposo eterno per Elena e tormento eterno per la sua mamma. Non credo che la piccola Elena sarebbe d’accordo con quelle parole, come ogni bambino. E voi genitori, non insegnate la violenza delle parole ai vostri figli, né sui social , né sui nostri muri già abbastanza sporchi. Perché un bambino, quello che Gesù Cristo ha messo al centro, non è capace di concepire vendette, sedie elettriche, patiboli mediatici e, se impara queste cose, le impara da noi. I bambini sono “puri di cuore”, dice Gesù Cristo e non sanno imbracciare né armi, né impugnare pietre.
E se un domani ci dovessero essere altre vittime come la nostra piccola Elena, sarà perché qualcuno avrà seminato nel campo di Dio la gramigna dell’ odio, della vendetta, della rabbia, della
irrazionalità. Sforziamoci di seminare ciò che Cristo e ogni uomo animato da buona volontà spargono con abbondanza: misericordia, pietà, giustizia, dialogo, prevenzione di ogni forma violenza.
Solo così non ci saranno più funerali com’è questo.Che la Vergine Santa e Sant’Agata prendano per mano la piccola Elena e pregano per tutti noi adulti, perché sappiamo “allungarci, alzarci sulle punte dei piedi, per stare all’altezza dei bambini”!
Monsignor Luigi Renna